Bietola selvatica

Bietola selvatica (Beta vulgaris L.)

 È una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle Chenopodiaceae,  considerata dai più una subcoltura della bietola orticola, mentre secondo alcuni studiosi si tratta, invece, di una specie autonoma (Beta vulgaris subspecie marittima) del tutto simile alla bietola coltivata, anche se le foglie di quella spontanea appaiono più strette e lunghe, molto lucide, con le venature più chiare che spiccano nelle foglie. Presenta inoltre fusti sdraiati o ascendenti, nascenti dalla radice sottile e dura, ha foglie piccole a lamina romboidale, lungamente picciolate, grassette, leggermente pelose. I fiori sono di colore bianco verdastro, presenti da marzo a settembre, raggruppati in spighe lunghe, solitarie o in pannocchie.

Botanica Pianta erbacea perenne con radice non ingrossata, provvista di un cespo fogliare quasi appressato al suolo, costituito da foglie spatolate, carnosette, lungamente picciolate e dotate di una lamina di colore verde intenso e lucente. I piccioli si presentano colorati in rosso alla base per la presenza di betacianina. Dal cespo basale, al sopraggiungere dell`estate, si origina un fusto eretto, ramoso, che porta un’infiorescenza con glomeruli di 1-3(5) fiori piccoli e verdastri. Anche il fusto può presentare colorazione rossastra.

Habitat Questa pianta allo stato selvatico è diffusa su gran parte del territorio nazionale, nei luoghi argillosi o sabbiosi litoranei, nei prati coltivati o incolti, dove cresce durante tutto il periodo primaverile; quella presente lungo le coste del Mediterraneo, classificata come subspecie marittima. Grazie all’elevata resistenza alla salsedine, vegeta spesso sugli argini vicino al mare, talora in condizioni proibitive per le altre piante. Oltre che in Europa è reperibile anche in Africa settentrionale, Asia occidentale, a Madera e nelle Canarie. Per le nostre necessità la troviamo diffusissima nella Maremma laziale, dove fra i contadini del posto c’è ancora la consuetudine di raccogliere le foglie giovani, anche con tutte le radici, per preparare un varietà di acquacotta, il piatto povero della cucina della Tuscia viterbese. A causa, però, della continua espansione delle attrezzature turistiche, il numero di piante di bietola marittima si sta riducendo in diverse località. Pertanto, al fine di ottenere la salvaguardia di questo patrimonio genetico, gli agronomi ritengono indispensabile includere questa specie nell’elenco delle piante protette.

Osservazioni Questa pianta era già conosciuta dall’uomo preistorico, che circa 12.000 anni fa iniziò a seminarla, adattandola alle proprie necessità e differenziandola sempre più nettamente dalla specie selvatica. In alcune località, c’è ancora la consuetudine di raccogliere le foglie giovani dal gusto simile allo spinacio. Lo stesso faceva l’uomo preistorico, che circa 12.000 anni fa iniziò a seminare la pianta, adattandola alle proprie necessità e differenziandola sempre più nettamente dalla specie selvatica. I Romani ne conoscevano già diverse varietà, e la usavano comunemente. Plinio, che la descrive di due colori diversi (nigrum et candidius quo preferunt appellantque Siculum), la definisce levissima (beta hortensis levissima est) e ne suggerisce l’uso medicamentoso in molti disturbi, specie quelli a carico dell’apparato digerente, ma al tempo stesso asserisce di non averla mai vista servire a tavola, mentre Apicio nel II° capitolo del suo libro, nella parte dedicata agli ortaggi, cioè quello dei “Pulmentarium ad ventrem”, ci ha lasciato vari piatti a base di “betas”, spesso condite semplicemente con olio e aceto, che sono consigliati per coloro che soffrono di stipsi. Attualmente quella coltivata rappresenta una delle verdure orticole più diffuse, anche in piatti tipici come il preboggion ligure, i cassunzei veneti e l’erbazzone emiliano.
In cucina Le cime e le foglie si utilizzano in vari modi, lesse e poi saltate in padella oppure come ripieno nelle focacce (scacciate). Più comunemente si usano come importante ingrediente delle minestre di fave, di legumi in genere e pancotto.