Cassella

Cassella – Cascellore, Navone selvatico –  (Bunias erucago L.)
Famiglia: Brassicaceae

Nomi comuni: Cascellore, Cascellora, Navone selvatico, Landra, Cascella, Cassella.

Sinonimi: Erucago campestris Desv., Bunias aspera Retz., Bunias brachyptera Jord., Bunias macroptera Rchb., Bunias tricornis Lange, Bunias erucago subsp. macroptera (Rchb.) Murb.

Etimologia: Il significato originario è incerto, facendosi derivare il primo termine del binomio dal greco ounias, con il che si poteva tuttavia indicare o una sorta di collina, di altura, o una sorta di rapa pelosa. Il secondo termine fa riferimento a una vaga somiglianza con le rucole, probabilmente per via dei fiori.

Nomi comuni in Italiano: cascellore, cascellora, navone selvatico, landra, cascella, cassella.

Nomi dialettali: Cassedda, erba della regina, barlandi, mazzarelli, cicoira, matroni.

Specie: Pianta erbacea per lo più annuale, alta anche fino a 80, cm con foglie basali a rosetta aderenti al terreno, pennatosette, con lembo irregolarmente dentato, profondamente inciso in lobi, non dissimile da alcune asteraceae di tradizione alimentare, che compaiono all’inizio dell’inverno e seccano con la maturazione dei frutti. Cresce, dal piano fino alla montagna, negli incolti erbosi, nelle colture sarchiate e anche nei ruderi. Il fusto, ruvido per via della tipica pelosità e ramificato in alto, spunta a inizio primavera e porta capolini di tipici fiori tetrameri gialli, simili a quelli di molte comuni brassicaceae, presenti dalla fine dell’inverno a luglio. I frutti sono inconfondibili piccole siliquette, lunghe ca. 1 cm, con becco centrale pungente e quattro caratteristiche ali dentate. 

Ambiente: Si ritrova ai margini di strade, nei terreni incolti e in ambienti ruderali fin oltre i 2.000 m.

Storia ed usi: Le giovani foglie della rosetta basale possono essere già rintracciate fin dal mese di settembre e possono essere consumate crude in insalatine o cotte in frittate, erbe cotte, minestre contadine.

Diffusione: È diffusa nelle regioni mediterranee, anche se è presente in tutte le regioni italiane e nelle regioni centroeuropee. Sembra in progressivo diradamento, tanto che in Lombardia risulta specie protetta.

Somiglianza e varietà: In alcune aree dell’Italia settentrionale è disponibile e si consuma allo stesso modo una specie simile, la Bunias orientalis L., cascellone orientale, che si distingue per il fatto di avere petali più corti e l’ovoide del frutto diversamente dentellato.

UsoL’uso della   pianta è segnalata fin dall’antichità, così che qualcuno fa anche riferimento a Plinio, ma la confusione con altre brassicaceae è probabile. Alcuni interpretano i c. d. “rafaneti” coltivati come caratterizzati da questa specie, ma potrebbe rimanere un’ipotesi indimostrabile. Certo è che l’utilizzo della pianta in cucina data da secoli – da diversi autori del passato era segnalata come insalata per i poveri e veniva utilizzata nelle minestre soprattutto da chi praticava prati e pascoli, come i pastori d’Abruzzo – mentre non sono noti usi medicinali o diversi, seppure qualche autore le attribuisce genericamente proprietà lassative, depurative e diuretiche, e qualcuno la ritiene invece responsabile, se consumata in grande quantità, della morte negli animali. Col nome di garsavela, termine ancora segnalato in Piemonte, entrava in alcune delle diverse composizioni della teriaca. Fino a non molto tempo fa venivano segnalati come coltivati in alcune zone della Penisola e disponibili presso taluni mercati cittadini sia il cascellore comune che quello orientale, ma allo stato non sono riuscito a trovare conferme. La coltivazione ha anch’essa radici antiche, segnalata in Inghilterra nel Giardino Botanico di Chelsea nella prima metà del Settecento e introdotta nelle coltivazioni campestri come pianta da foraggio da Arthur Young. Come tale è usata ancora in Sardegna. Autori come Vilmorin ne raccomandavano il consumo, sia come insalata che lessata. Sembra che oggi la specie risenta molto dell’uso diserbanti e sia ormai rara nei terreni coltivati, tanto che in Lombardia, come già detto sopra, risulta specie protetta, seppure non in modo assoluto, e che il suo consumo si faccia sempre più scarso.

In cucina: Oggi il consumo di cascellore riguarda soprattutto le regioni mediterranee, ma è segnalato anche in altre aree, come quelle del basso Volga, dove si consuma cruda.

Nella cucina delle regioni italiane si utilizzano quasi esclusivamente le foglie e gli steli, se giovani, consumati crudi o cotti.

In qualche località anche come alimento medicina con funzioni depurative, nonostante le scarse tradizioni popolari e forse più per la somiglianza con altre “erbe amare”.

Cotta si consuma, da sola o con altre erbe, variamente insaporita o anche semplicemente con sale e olio.

Vagamente aromatica e scarsamente amara, il sapore ricorda vagamente quello del cavolo o di altre brassicaceae spontanee – viene spesso abbinata, asciutta o in minestre, con fagioli e altri legumi.

L’uso di mangiarla anche cruda in insalata è riportato per alcune regioni italiane.

Alcuni autori riportano una nota minestra di riso e barland con fagioli per la Lombardia, ma il termine è in uso nell’Alessandrino – li consuma in un accostamento tipico con i salamini di Mandrogne – e in aree vicine piemontesi, dove il consumo è ancora attuale, mentre in alta pianura lombarda risulta sconosciuta (segnalata però per il Bresciano). Con il nome di cuntess si consuma con la polenta in aree settentrionali mentre come matroni il consumo è ancora in uso in alcune aree abruzzesi. Nelle Marche, dove è usato il termine casselle vengono consumate le rosette basali, cotte all’agro o soffritte. In altre zone del Paese entra come componente di mescolanze e minestre d’erbe varie. Del cascellore è segnalato anche il consumo aromatizzante della radice, grattugiata o sottilmente affettata e così aggiunta a insalate e minestre, avendo un sapore non lontano da quello del ravanello.